Con l’ultimo lavoro scientifico, Carlo Ruta individua le radici dell’uomo costruttore di città e assemblatore di navi
Ragusa – Sviluppo coerente dei precedenti lavori Il legno nella storia. La forza influente della materia «debole» nei percorsi di civilizzazione e nei processi formativi delle razionalità, Convegno tenutosi a Ragusa il 21 luglio 2022 presso il Laboratorio degli annali di storia e di La lunga età del legno. I paradossi della materia «debole» e le rotte della civiltà (rispettivamente, Edizioni di studi storici e sociali, 2022, 2020), il testo qui presentato aggiunge un altro snodo importante alla ricerca di Carlo Ruta sui processi formativi delle civiltà e delle razionalità. La traccia principale seguita in quei lavori riguardava la capacità mostrata dal legno di fornire una mediazione tra la pietra e i metalli, tanto da spingere l’autore a proporre la tesi di un’età del legno da collocare, a precise e rigorose condizioni metodologiche ed epistemologiche, tra l’età della pietra e l’età del ferro.
In questo caso, il framework si amplia nel tempo e nello spazio, e si specifica quanto agli sviluppi che le tecnologie materiali hanno avuto sulla formazione della razionalità. Tanto che dopo questi studi, emerge sempre più chiaramente che l’homo faber è il terminale di una lunga serie di processi e non il soggetto presupposto della Storia.
In particolare, Ruta si concentra sugli sviluppi interni all’età del legno, determinati in particolare dal parallelo sviluppo della lavorazione del rame tra il VII e il IV millennio. Metallo duttile e dunque lavorabile più facilmente del bronzo e, soprattutto del ferro o dell’acciaio, il rame ha suggerito all’homo ligneus un enorme salto di qualità nella sua capacità di lavorare sia il legno, sia la pietra. Più che per la realizzazione di prodotti finiti a scopo simbolico, il rame si è prestato per la produzione di utensili e mezzi di produzione, destinati alla lavorazione del legno e della pietra.
La combinazione della materia (legno, pietra) e delle tecniche di connessione (incastri del legno a tenone e mortasa; ammorsamenti e sviluppi lineari mediante piombo e livella delle grandi costruzioni edilizie a blocchi squadrati e pietrisco) è stata possibile proprio grazie al mezzo (utensili da taglio, perforazione, levigatura) fatto per la prima volta di rame. Nella lunga età del legno, dunque, va evidenziato il ruolo dell’Uomo del Rame, come snodo e intreccio di luoghi, pratiche, bisogni, scambi, conflitti e saperi che porta all’età del ferro, cioè all’homo faber e alla Storia.
Ma vediamo rapidamente quali processi la connessione legno-pietra-rame abbia innescato, o accompagnato. Quanto ai progressi nella lavorazione del legno, secondo Ruta, materia-guida della civiltà, il rame, principalmente, ha favorito la nascita della navigazione marittima. Essa, infatti, è resa possibile solo da imbarcazioni costruite con tavole e non più da piroghe monossili.
Il suo presupposto fu l’utilizzo del bambù in Cina, o dal papiro in Egitto, usati per costruire imbarcazioni in grado di soddisfare le crescenti esigenze economiche, in termini di volumi di trasporto (che si tratti di uomini o merci, non importa), e tecniche, in termini di manovrabilità e resilienza dell’imbarcazione. Ma, la sostituzione del monolite scavato con il composto autoportante, o intelaiato, di scafo, ponte e stiva, divenne effettivamente possibile solo grazie alla possibilità di tagliare, curvare e incastrare il legno. Il che presuppone attrezzature efficaci, precise e maneggevoli, che per la prima volta il rame ha suggerito.
Tale sviluppo assume il suo significato pienamente epocale proprio perché tale sistema di navigazione, efficacemente, consente di affrontare il mare, trasformando finalmente i poli della civiltà mediterranea (Mesopotamia, Egitto, Medio Oriente, Grecia e, infine, Roma) in un mondo interconnesso ed unificato. Secondo Ruta, la nave porta alla massima espressione le funzionalità del legno, o meglio del legno-rame, già espresse nella nozione di macchina (di sollevamento, di trazione, di misurazione, di raccolto, di guerra). La nave, infatti, è un sistema sociale completo, non solo un dispositivo tecnico. Essa conduce l’uomo in un altro elemento, il mare, trasformandone completamente la soggettività: il mare infatti porta ad elaborare un’antropologia intera del tempo, dello spazio, dello scambio con l’altro, della morte e del sacro.
In secondo luogo, il nesso legno-rame ha consentito lo sviluppo di tecniche edilizie in territori, come la Cina, dove è la terra, e non il mare a sollecitare l’uomo alla creatività e alla resilienza. Terremoti, piogge, venti hanno portato alla nascita delle più iconiche forme costruttive della casa in legno cinese. Ma anche qui, lo sbocco in mare della civiltà rurale e fluviale è stato inevitabile, arrivato infine con le più note navi di giunchi, che hanno segnato uno dei momenti cruciali nel passaggio dal medioevo all’età moderna. Ma questa è un’altra storia.
Se passiamo al nesso pietra-rame, osserviamo come il progresso fondamentale che ha consentito la nascita delle città, dei grandi monumenti o siti funerari, degli impianti di fortificazione, è l’adozione della tecnica di costruzione a blocchi squadrati e pietrisco. Adottate separatamente, o congiunte, esse hanno consentito la costruzione di enormi impianti edilizi e urbanistici grazie all’utilizzo di materiali economici e resistenti: la pietra o il mattone di argilla cotta. Anche qui, tuttavia, il cuore dello sviluppo è rappresentato dal collegamento di elementi portanti in modo da formare un tutto flessibile rispetto alle innumerevoli soluzioni formali. Tuttavia, è solo grazie agli utensili in rame per la lavorazione dei blocchi che queste tecniche hanno potuto iniziare il proprio sviluppo, dando vita ai più suggestivi prodotti della civiltà, funzioni e simboli essi stessi dell’esperienza storica dell’uomo.
Oltre a questi sviluppi specifici nella storia dei materiali e delle tecniche, la vicenda del rame consente di comprendere altri due momenti essenziali della genealogia dell’homo faber. In primo luogo, come suggerisce Ruta già dalle prime catene di riferimenti che intessono la sua narrazione, va evidenziata la sincronia di questi sviluppi tra Occidente mediterraneo e Oriente indiano e soprattutto cinese. Il rapporto di mutua formazione tra uomo e materiale della civiltà apre quindi un taglio trasversale tra aree del mondo ritenute separate e isolate per millenni. Di fronte a ecosistemi diversi (il mare nel Mediterraneo, la terra in Cina), l’uomo ha utilizzato gli stessi materiali per giungere alla formazione di civiltà in grado di sopravvivere materialmente, realizzare scambi e dare compimento simbolico-rappresentativo alla propria soggettività.
In secondo luogo, e si tratta delle conclusioni cui il volume giunge, la mediazione offerta dal rame nei confronti della pietra e del legno, ha favorito la nascita di due forme della razionalità: il numero e la scrittura, che connoteranno l’età dei metalli, vale a dire l’età storica propriamente detta.
È appena il caso di notare come la lavorazione della pietra in blocchi squadrati per la costruzione di complessi architettonici disposti nello spazio grazie alla piombatura (piano verticale) e alla livellatura (piano orizzontale) interagisce con la formalizzazione matematica e geometrica al pari dell’agrimensura e dell’astronomia.
Ben più suggestivo, invece, è osservare come la nave autoportante (composta di elementi uguali) e la navigazione come esperienza totale (scoperta dell’altro con cui comunicare, urgenza del segno da lasciare in caso di scomparsa), abbiano suggerito lo sviluppo della scrittura, sistema di composizione di segni per vari scopi sociali (eredità, autorità politica, autorità religiosa, contratto).
Entrambe, per Ruta, hanno una duplice base: costruttiva e simbolica.
Da un lato, navigazione e scrittura presuppongono un determinato livello di sviluppo dell’organizzazione sociale del lavoro, del reperimento delle materie prime strategiche ed un determinato livello di competenze tecnologico-industriali. Ed effettivamente, in Oriente come in Occidente, a far bilico sul Ⅴ millennio, cioè prima dell’età del bronzo matura, il sistema legno-rame-pietra si manifesta insieme alla scrittura, e viceversa. Chiaramente, questa corrisponde alla complessificazione dei bisogni comunicativi in un’epoca di grandi trasformazioni che alla fine culminerà nell’integrazione stabile dei metalli nel sistema pietra-legno. La scena dell’homo faber, così, presuppone il lungo e laborioso cammino dell’Uomo del Rame. Al momento del passaggio di consegne, infatti, la scrittura, che secondo Ruta insieme alla navigazione marittima rappresenta il più elevato risultato della civiltà prima della Storia, aveva già al suo interno tutte le funzioni principali che manterrà in età storica: dalla registrazione dei traffici, alla registrazione delle volontà, fino alla manifestazione dell’autorità umana e divina.
Per questo, secondo Ruta essa è rimasta un’arte aperta nonostante tutte le restrizioni elitarie a cui era inevitabilmente sottoposta. La scrittura aveva già assunto una sistemica funzione comunicativa legata alla vita materiale. E, dati i suoi caratteri di mobilità, apertura e flessibilità, essa sembra aver derivato la sua matrice più dal legno che dalla pietra, legata com’è alla staticità, alla linearità e all’immobilità. Due razionalità e due tecnologie, operanti su piani diversi, possedevano, dunque, codici comuni e maturavano negli stessi contesti temporali.
Ma, dall’altro lato, ed è ciò che è più importante, la scrittura svolgeva un ruolo fondamentale nella comunicazione simbolica, di cui diventerà depositaria. Anche in questo caso, secondo Ruta, va notata la similitudine con il legno e con la navigazione in mare aperto. La scrittura, infatti, è fatta di segni aperti a qualsiasi orizzonte di significato, flessibili e duraturi al tempo stesso; con un punto di partenza noto, ed un approdo indeterminato. La scrittura risponde perfettamente al simbolismo dell’incertezza, derivante dalla fluidità e dalla mobilità dell’acqua, solcata dagli scafi, quanto il supporto inciso dai suoi caratteri. Forse per questo, suggerisce Ruta, essa ha condensato la rappresentazione del sacro e dell’eterno, più della figura.
Da questo punto di vista, emblematico è l’uso metaforico della barca nei rituali funerari egizi, che mimano il viaggio dopo la morte. Diffusamente ripresi nei corredi funerari dei grandi mausolei piramidali, essi testimoniano una concezione della morte allo stesso tempo come riposo e come viaggio, esprimono infine il bisogno di rapportarsi alla morte in termini di durata, di sopravvivenza, che vengono al pari soddisfatti dal segno inciso, cioè dalla scrittura, altro componente immancabile dei mausolei. Non a caso, per Ruta, la barca solare di Cheope risalente al III millennio, su cui probabilmente il faraone fu portato l’ultima volta per la sepoltura, e che fu smontata e conservata nei pressi della piramide, dà la misura dei nessi tra questi due livelli.
Carlo Ruta, Homo faber e civiltà. Tecnologie, manualità e conquista del mare, Laboratorio degli Annali di storia dei mutamenti globali, 2023.
Giuseppe Foglio