“Roma ChilometroZero” – Museo di Roma in Trastevere

Roma – Dal 16 ottobre al Museo di Roma in Trastevere la mostra “Roma ChilometroZero”Sguardi e percorsi di una città in trasformazione.

«Fino al 9 marzo 2025, il lavoro di ricerca realizzato da 15 fotografi romani documenta la complessità, i cambiamenti e le particolarità della città di Roma, attraverso singoli e specifici “racconti visivi”.

Parco della fotografia

Potremmo essere ovunque

ma siamo inequivocabilmente qui.

Nella caput mundi del caos –

dove distopia e utopia convivono

in un amalgama misterioso.

Dai tempi dei sette re”

Dedicata all’incontro tra la città di Roma e il linguaggio della fotografia, la mostra Roma ChilometroZero sarà ospitata alMuseo di Roma in Trastevere dal 16 ottobre al 9 marzo 2025: una raccolta di punti di vista differenti, un’occasione di scoperta e riscoperta del territorio eun metodo di indagine alternativa della capitale.

L’esposizione, a cura di Alessandra Mauro con Suleima Autore, è promossa da Roma Capitale, Assessorato alla Cultura, Sovrintendenza Capitolina ai Beni Culturali ed è organizzata da Leica Camera Italia con Contrasto. Servizi museali Zètema Progetto Cultura. Il catalogo è edito da Contrasto.

Roma ChilometroZero è un progetto fotografico dedicato alla città di Roma che offre una visione intima, a volte sofferta o ironica, del territorio e dei suoi ritmi: nasce come una campagna fotografica lanciata da Leica Camera Italia in collaborazione con Contrasto nel 2022, diretta ai fotografi che vivono nella capitale per verificare quali possano essere oggi in una città da sempre ritratta, fotografata, rappresentata ed evocata, i confini reali e immaginari del suo spazio urbano in continua trasformazione.

Una commissione di cinque esperti – Simona Antonacci, Maurizio Beucci, Simona Ghizzoni, Francesca Marani e Alessandra Mauro – ha selezionato 15 autori tra oltre 200 candidati.

I fotografi scelti, muniti ognuno di una fotocamera Leica selezionata secondo le proprie esigenze e accompagnati dai cinque “tutor” che li hanno seguiti nei loro diversi percorsi, hanno scelto un tema, un itinerario particolare, una propria visione di Roma.

La mostra Roma ChilometroZero rappresenta una ricognizione originale e a suo modo unica di gran parte della città – “Fuori raccordo” di Francesca Spedalieri, “Sentieri” di Matteo Capone, “Il gioco dei timidi” di Andrea Agostini, “Velaria” di Gianni “Gianorso” Rauso, “Parco della fotografia” di Simona Filippini, “L’oasi” di Sara Nicomedi “Terza persona plurale” di Linda Acunto, “Pietre” di Nicoletta Leni Di Ruocco e Massimiliano Pugliese, “Pubbliche intimità” di Alfredo Corrao, “Around angelus” di Paolo Ricca, “Sempre e comunque” di Gianluca Abblasio, “Torpigna” di Alessio Cupelli, “Malandrino” di Valerio Polici, “Sponde” di Clelia Carbonari e “A.A.A.A. – Avventure Atomiche d’Agosto e d’Asfalto” di Lavinia Parlamenti – una raccolta di lavori che disegnano, uno dopo l’altro, un lungo itinerario alla scoperta di una Roma nuova e insieme antica, sempre sorprendente.

Spazio lontano dall’immaginario consueto e condiviso, come dai percorsi più usuali, in questi lavori Roma appare come un territorio percorso quotidianamente che sottopone l’identità di ognuno a continue verifiche. Un luogo dove si incrociano suggestioni estetiche, rimandi visivi e nuove aspirazioni, personali e sociali».

Museo di Roma in Trastevere – Piazza S. Egidio 1b – Roma.

Roma Chilometro Zero

Sinossi della mostra a cura di Alessandra Mauro.

«Roma Chilometro Zero è un progetto fotografico dedicato alla città di Roma e che offre una visione interna, intima, a volte sofferta e altre ironica, del territorio e dei suoi ritmi contemporanei.

Il progetto è nato come una campagna fotografica lanciata da Leica in collaborazione con Contrasto nel 2022, e diretta ai fotografi che abitano e vivono nella capitale per verificare quali possano essere, oggi e in una città da sempre, ritratta, fotografata, rappresentata ed evocata, i confini reali e immaginari del suo spazio urbano in continua trasformazione e in una definizione vasta e complessa come non mai.

Una commissione di cinque esperti– Simona Antonacci, Maurizio Beucci, Simona Ghizzoni, Francesca Marani e Alessandra Mauro – ha selezionato 15 autori tra oltre 200 candidati per interpretare la città. Ogni fotografo ha scelto un tema, un itinerario e una visione personale. Muniti ognuno di una fotocamera Leica, selezionata secondo le proprie esigenze e accompagnati dai cinque “tutor” che li hanno seguiti nei loro percorsi, i fotografi hanno avuto un mese di tempo per costruire una visione personale della città che abitano.

La loro città è quella che presentiamo in questa mostra: uno spazio spesso lontano dall’immaginario consueto e condiviso, come dai percorsi più usuali. Un territorio che si percorre quotidianamente, dove la propria identità è sottoposta a una verifica continua. Un luogo che si scopre in modo viscerale e dove si incontrano suggestioni estetiche, rimandi visivi e nuove aspirazioni, personali e sociali.

Roma Chilometro Zero è diventato così un metodo di indagine alternativa della capitale, una raccolta di punti di vista differenti e una ricognizione originale e a suo modo unica.

Non tutta la città è rappresentata ma una sua buona, parte sì. E i 15 lavori disegnano, uno dopo l’altro, un lungo itinerario alla scoperta di una città nuova e insieme antica. E sempre sorprendente.

In mostra ogni autore sporrà dieci opere del suo lavoro. Le opere saranno tutte incorniciate secondo i diversi formati decisi insieme agli autori. Ogni lavoro sarà introdotto da un piccolo testo che presenta il lavoro esposito.

Il percorso parte, come è giusto che sia, da “Fuori dal raccordo”, con le immagini e le suggestioni di Francesca Spedalieri. Il testo che accompagna le sue foto si apre con una dichiarazione lapidaria: “A Roma le periferie sono città. Lontane ormai dall’immaginario novecentesco, col nuovo millennio si sono sviluppate a macchia d’olio e oggi appaiono come isole che non si parlano fra loro”. Proprio queste nuove periferie-centrali sono più di ogni altra cosa oggetto di studio e di analisi, con le loro sistemazioni urbanistiche altalenanti e le architetture incongrue che si sposano in modo insolito con il verde che hanno invaso.

Queste foto ci mostrano una città dove la natura continua ad avere una grande parte e dove in modo stabile o precario che sia, il verde è cercato, voluto e vissuto a ogni costo dai suoi abitanti. Lo vediamo seguendo i “Sentieri” di Matteo Capone, dedicati al Parco degli Acquedotti, al suo ruolo iconico giocato nella storia di Roma, antica e moderna che sia, nella sua quotidianità vissuta comunque fuori da ogni clamore urbano. Lo ritroviamo nel “Gioco dei timidi” di Andrea Agostini, che torna, a un anno di distanza, nei luoghi del Parco di Centocelle distrutto da un grande incendio. Lo sguardo dell’autore ritrova le tracce del disastro, si allarga nelle zone lambite dal fuoco, arriva nei quartieri e nelle strade accanto, dove si intrecciano “volti, sogni e progetti”.

“Il mio rapporto con Roma è un misto di passioni estreme, amore e odio, che va avanti da sessantadue anni”, confessa “Gianorso” Rauso nel suo “Velaria”. E questo rapporto lo verifichiamo con lui in un’altra delle zone verdi della capitale, il Parco della Cervelletta. Qui l’autore riscopre una nuova classicità, riprendendo gli amici di una vita in tanti possibili Déjeuner sur l’herbe rivisti ora in chiave contemporanea. Da una immagine all’altra, un velo impalpabile percorre i ritratti: è l’abbraccio della natura, che tutto avvolge e misura.

Ancora uno spostamento, ancora un parco, nel lavoro gentile e intenso di Simona Filippini che nella zona tra la via Ardeatina e via di Grotta Perfetta ci porta in strade che evocano l’intera storia della fotografia: via Louis Daguerre, via Tina Modotti, via Giorgio Sommer… qui troviamo e riscopriamo scene e personaggi che si offrono all’autrice come nuove interpretazioni di immagini iconiche del passato, impresse ora nella sua mente. E così, questo lavoro profondamente romano diventa anche un esercizio “sul vedere e sull’essere visti, sulla nostra paura di dimenticare ed essere dimenticati”.

Non esisterebbe Roma senza il suo fiume e lungo le sponde del Tevere, in una nuova idea di “Oasi” profondamente incastonata nel tessuto cittadino, ci porta Sara Nicomedi. Gli alti argini creati dopo l’inondazione del 1870, quella che mostrò al re sabaudo appena arrivato le fragilità di Roma, custodiscono atmosfere e consuetudini apparentemente lontani dal movimento della città. Un diverso ritmo che regala pause, silenzi e visioni quasi magiche, come il possente albero cresciuto, chissà come, su una chiatta in mezzo al fiume. Immagine di un’oasi destinata, con molta probabilità, a cambiare ancora.

Una città composita, varia, che sfugge a stereotipi e facili identificazioni. Anzi, come afferma Linda Acunto, Roma ormai è più che mai “una città plurale” e così si offre ad abitanti e visitatori. Simboli, figure e protagonisti di questa galassia di voci appaiono nel suo lavoro che esplora la dimensione religiosa di Roma, fatta soprattutto di “spiritualità diverse, in un rapporto di coabitazione piuttosto complesso”.

Con Nicoletta Leni Di Ruocco e Massimiliano Pugliese arriviamo nel centro di Roma, immerso in un’atmosfera notturna che esalta le “Pietre” su cui è edificato. La vegetazione rigogliosa non è di un lontano scorcio esotico ma di Piazza del Popolo e le colonne che, come canne d’organo, si alzano verso il cielo, sono quelle della via Sacra al Foro Romano. Ci muoviamo insomma tra monumenti che conosciamo ma che ora, ci appaiono come in un sogno. E sempre più, “scopriamo una città che durante la notte non si riposa ma resta appesa ad aspettare”.

Nela Roma storica e monumentale possiamo vivere esperienze di insolite “pubbliche intimità”, come ci propone Alfredo Corrao. Con lui entriamo nei musei e nelle grandi gallerie d’arte. Lo sguardo si ferma sui particolari delle opere esposte, come delle stanze che le accolgono, passando dal nitore abbacinante di alcune sale, al tripudio di tinte e colori in una festa per gli occhi. La festa di Roma.

È una festa anche quella che avviene quotidianamente intorno al Vaticano. L’Angelus, ci ricorda Poalo Ricca è la preghiera che i devoti recitano in ringraziamento per il mistero dell’incarnazione. E “Around Angelus”, il suo progetto, ci trasporta in un vortice di colori, voci, espressioni, quelle di un consumismo religioso esasperato ma anche di una devozione profonda.

Una fede diversa, ma ugualmente radicata nel tessuto della città, è quella per la A.S. Roma. Una fede che, come scrive Gianluca Abblasio, “abbraccia la Città Eterna in modo trasversale, coinvolgendo quartieri e classi sociali differenti”. Nelle sue foto piene di una energia colorata, strabordante e soprattutto assoluta, il romanista affronta “sempre e comunque” delusioni e sconfitte con una forza d’animo straordinaria.

Prendiamo il treno della linea ferroviaria Roma-Giardinetti, abbandoniamo il centro e raggiungiamo la “Torre delle Pignatte”, il Mausoleo di Sant’Elena che dà il nome a Torpignattara. “Torpigna” è un po’ l’emblema di questa Roma che stiamo scoprendo, lavoro dopo lavoro, sguardo dopo sguardo. Uno spazio complesso, a volte confuso, multietnico come non mai, pieno di contrasti, di violenza certo, ma ricco di una storia che dal Dopoguerra ad oggi ha raccontato l’evoluzione della città, la sua trasposizione letteraria, il suo contesto estetico bello e terribile, i suoi abitanti spesso, che con slancio e consapevolezza, hanno deciso di abitare questi spazi.

In piena Roma Est, magari in un incrocio come tanti, tra via di Torpignattara e via Casilina, può capitare che arrivi improvvisa una folata di vento a scompigliare i capelli, a smuovere i vestiti, a far sentire il mare così vicino e promettente. È il ponentino romano, il celebre vento “malandrino” della canzone di Trovajoli e protagonista del lavoro di Valerio Polici. Di colpo, l’incrocio di strade si trasforma in un palcoscenico dove i passanti e le luci del semaforo, cadenzano i momenti di una danza urbana straordinaria e irripetibile come lo è ogni volto e ogni immagine fermata dallo sguardo di un fotografo sul ciglio di una strada.

Del resto, il mare di Roma lo si sente spesso in città e proprio al mare di Roma, cioè a Ostia, è dedicato “Sponde”, di Clelia Carbonari. Terzo quartiere più popolato della capitale, Ostia rimane un mondo a parte e chi lo abita, ci avvisa l’autrice, “appartiene alla noia intervallata a qualche barlume, all’aria salata, agli aghi di pino, agli spazi ampi lasciati a sé stessi”. A loro, dunque è dedicata questa serie dove i soggetti ritratti hanno scelto un loro speciale luogo del cuore e ognuno, ora, ci osserva dritto negli occhi, con una imperturbabile determinazione.

Il viaggio termina in una giornata di un caldo agosto romano, denso di afa e di promesse di spiagge. Quelle giornate dove è possibile vivere delle “Avventure Atomiche d’Agosto e d’Asfalto”, come quelle di Lavinia Parlamenti. Chi si trovasse a muoversi immerso “nella placida quanto sinistra atmosfera del mese più strano dell’anno”, scoprirebbe cocomeri esibiti come trofei, punte aguzze di ombrelloni spuntare ovunque, gelati a forma di Colosseo che si squagliano sui sanpietrini roventi… insomma, una città “rarefatta e trasfigurata”. Non c’è dubbio, conferma l’autrice, e noi con lei: “potremmo essere dovunque ma siamo inequivocabilmente qui. Nella caput mundi del caos – dove distopia e utopia convivono in un amalgama misterioso. Dai tempi dei sette re”» (Alessandra Mauro. Curatrice della mostra).

Info:

Dal martedì alla domenica ore 10.00 – 20.00 – Ultimo ingresso un’ora prima della chiusura.

La bigliettazione del Museo di Roma in Trastevere è articolata secondo le seguenti tariffe:

Intero: € 12,00

Ridotto: € 9,50

Per i residenti in Roma Capitale e nell’area metropolitana (mediante esibizione di valido documento che attesti la residenza):

Intero: € 9,50

Ridotto: € 8,50

Ingresso gratuito al museo per i possessori della “MIC Card”. 

Info:

Telefono: 060608 (tutti i giorni dalle 9.00 alle 19.00)

Web:

www.museodiromaintrastevere.it

www.museiincomune.it

Ph.

Parco della fotografia © Simona Filippini

Around Angelus © Paolo Ricca

Giuseppe Longo

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