Termini Imerese (PA) – Lo scorso ottobre, il Giornale di Sicilia e la Gazzetta del Sud hanno dato avvio a un’importante iniziativa. Infatti, ogni due settimane e per quattro mercoledì (a partire dal 9 ottobre; a seguire il 23 ottobre, poi il 6 novembre, e infine il 20 novembre), insieme ai due quotidiani sono stati distribuiti in abbinamento (singolarmente e in numero complessivo di quattro volumi), il conosciutissimo “Usi e costumi, credenze e pregiudizi del popolo siciliano”; scritto da uno dei più grandi autori della nostra isola, ovvero, l’etnologo Giuseppe Pitrè (1841 – 1916), il fondatore della scienza folcloristica in Italia. Infatti, il Pitrè, diede inizio ai primi studi scientifici sulla cultura popolare italiana e curò le prime raccolte di fonti orali del vasto patrimonio linguistico siciliano, dando avvio agli studi etnografici sul territorio nazionale.
I tomi, riproposti dalla casa editrice “Edizioni Grifo” (1) costituiscono, i numeri che vanno dal 14 al 17, e che in origine furono pubblicati rispettivamente negli anni 1877, e 1878, i quali, fanno parte integrante della collana intitolata: “Biblioteca delle tradizioni popolari siciliane”, composta complessivamente di venticinque volumi, pubblicati fra il 1871 e il 1913.
E’ senz’altro meritevole d’attenta analisi, l’introduzione della Prof.ssa Loredana Bellantonio che accompagna questa recente riproposta editoriale, di cui ho estrapolato per i nostri lettori i contenuti salienti (2) che, in un certo qual modo, hanno un riscontro al caso nostro, e che fanno pendant alle “castronaggini” che circolano a Termini Imerese sul Carnevale locale, scorrettamente definito “Il più antico di Sicilia” da parte di alcuni sedicenti storici. Ma lasciamo parlare la studiosa:
[…] Nonostante il non celato campanilismo di Pitrè, tutte le opere che costituiscono la “Biblioteca” furono realizzate con criteri “scientifici”, perché ambiva ad una “oggettività”, in aderenza al positivismo, con accurate indagini anche di tipo storico, corredate da numerose varianti e riscontri, quasi a significare che quel sapere aveva una doppia valenza: da un lato indicava una specificità territoriale, un sapere che si potrebbe definire oikotipico, legato a particolari ambienti, eventi storici ed accadimenti di vario genere; dall’altro s’inseriva in un più articolato circuito di scambi e di prestiti tra i vari popoli, in un dialogo tra genti di culture differenti, in una circolarità ermeneutica, che arricchiva e rinnovava la cultura tradizionale. Tradizione e innovazione sono, quindi, i termini entro i quali si muoveva, e si muove, non solo la cultura popolare, ma tutta la cultura, anche quella contemporanea che seppur apparentemente lontana da quella di più di un secolo fa descritta nei quattro volumi, tradisce le sue antiche radici. Usi e costumi opera dedicata a Salvatore Salomone Marino, medico anch’egli, collaboratore, amico e cofondatore degli studi demologici in Sicilia, descrive la weltanschauung, cioè la visione del mondo del popolo siciliano o, per dirla con Pitrè, del “popolino”, termine non dispregiativo, ma con riferimento immediato alla dimensione non aulica della cultura, cioè a quella popolare. Pitrè impiegò vent’anni per raccogliere il materiale necessario alla pubblicazione dei quattro volumi e, come sua abitudine, ottenne la maggior parte delle informazioni di “prima mano”, dialogando incessantemente con gli informatori, pratica nella quale era avvantaggiato dal suo essere medico condotto. La sua metodologia di raccolta era improntata, almeno così dichiarava, a non alterare i testi della tradizione orale, anticipando quello che qualche anno dopo diverrà, nell’ambito della ricerca antropologica, un vero e proprio credo: cogliere il punto di vista dei nativi, ossia documentare la vita e il pensiero senza interpolazioni o alterazioni da parte dell’antropologo/ricercatore. “Fare parlare il popolo minuto” – affermava Pitrè – “il solo depositario delle sue tradizioni”. Se ne deduce un profondo rispetto per quella cultura popolare” spesso poco nota o ignorata del tutto. Il lettore troverà, inoltre, che la tradizione orale e la descrizione degli usi e delle pratiche, spesso sono suffragate da riscontri con la tradizione scritta, con la storia, o mediante il ricorso a diaristi, testimoni oculari degli eventi descritti; la qual cosa, oltre ad attestare l’antichità di una pratica o di una credenza, consentiva al demologo di spiegare fatti complessi o, apparentemente, insensati. Per il resto del materiale si servì di collaboratori, letterati o demologi che, dietro precise indicazioni di Pitrè, reperivano informazioni su quanto richiesto. Nonostante il fatto che la materia presentata sia prettamente legata alla Sicilia – cosa che, in un certo senso agevola il lettore siciliano – essa è presente, o quanto meno lo è stata, un po’ dovunque specialmente nell’Italia del Sud, con le specifiche varianti linguistiche e con una maggiore o minore ricchezza di dati e di manifestazioni […].
In realtà, il Pitrè si avvalse della collaborazione di apprezzati e rinomati referenti sparsi per la Sicilia, e, quindi, anche del nostro concittadino, il Prof. Giuseppe Patiri (1846 – 1917) paletnologo, etnologo e studioso di storia locale. Infatti, il Patiri fornì all’etnologo palermitano le informazioni inerenti al folclore di Termini, anch’esse essenziali per la realizzazione della sua grandiosa opera intellettuale. Infatti, significativa è la dichiarazione della pronipote del Patiri (3), (4), la quale, tra l’altro (anche riguardo al carnevale di Termini Imerese) ci ha informato sulla forma mentis del prozio, nell’affrontare le sue ricerche storiche con peculiarità quasi maniacale e minuziosa. Proprio, siffatta qualità specifica, le invalse l’annoverò nella équipe di studio del Pitrè. Giova qui ricordare, altresì, il richiamo all’illustre etnologo palermitano, riguardo la dichiarazione di uno fra i maggiori studiosi di storia delle tradizioni popolari e del folklore, l’antropologo Giuseppe Cocchiara (suo discepolo), citata nell’introduzione a cura dell’Istituto Ricerche Studi Arte Popolare “Agrigentum” (I.R.S.A.P.), e di cui mi pregio riportare:
[…] Giuseppe Pitrè, fu il più importante raccoglitore e studioso di tradizioni popolari, e la Sicilia deve essere grata perché – come ha sottolineato Giuseppe Cocchiara, già preside della Facoltà di Lettere a Palermo – la sua opera monumentale resta pietra miliare per la ricchezza e la vastità d’informazioni nel campo del folklore, in cui nessuno ha raccolto, come e quanto lo scrittore palermitano […].
Comunque, è notorio che il Pitrè fu Presidente della Società Siciliana di Storia Patria, della Reale Accademia di Scienze, Lettere e Belle Arti di Palermo, nonché Senatore del Regno d’Italia. Poi, dal 1910 sino alla sua morte, insegnò Demopsicologia nell’Università di Palermo. Lo studioso palermitano, fu autore della suddetta “Biblioteca delle tradizioni popolari siciliane”, che volle dedicare proprio al suo grande amico e collega (anch’egli medico), Salvatore Salomone Marino.
Tuttavia, mio malgrado, devo affermare che a Termini Imerese ci sorprende molto che la figura del Patiri, sia ancora ammantata da un’aura di malcelato silenzio, e lo si estranei volutamente dal contesto della storica manifestazione carnascialesca. Lui, che elaborò (dopo la stesura del primo volume del Pitrè “Usi e costumi credenze e pregiudizi del popolo siciliano”), il proclama relativo ai festeggiamenti carnascialeschi della sua cittadina, svoltosi, domenica di Carnevale del 27 febbraio 1876 (5). Tra l’altro, continuo a considerare, come scrissi sul nostro benemerito Patiri poiché egli ha contribuito a “scoprire altari”, mettendo fine a quei racconti “favolosi”, propinati e divulgati persino dai mass media, perciò è difficile per alcuni farsene una ragione.
La figura del nostro studioso, era e continua ad essere una figura “scomoda”, per il suo sincero e disinteressato anelito di rivalutazione della propria patria nel panorama socio-culturale della Sicilia.
Infatti, sedicenti storici, spacciano il Carnevale di Termini Imerese per il più antico di Sicilia. Tutta questa orchestrazione funzionale a portare avanti uno slogan privo degli opportuni riscontri documentari e senza gli strumenti della moderna ricerca demologica, ci fanno venire in mente la celebre frase: bazzecole, quisquilie, pinzillacchere, di Antonio De Curtis in arte Totò in “Chi si ferma è perduto”.
Note:
(1) Edizioni Grifo – La Sicilia che non ti aspetti con le sue millenarie tradizioni. Bella e importante iniziativa del Giornale di Sicilia e della Gazzetta del Sud che da domani Mercoledì 9 ottobre distribuiranno in abbinamento ai quotidiani un’opera in quattro splendidi volumi scritta da uno dei più grandi autori siciliani di sempre: Giuseppe Pitrè. L’Autore con l’opera Usi e costumi, credenze e pregiudizi del popolo siciliano ci accompagna attraverso le tradizioni popolari isolane. Il primo volume, con una magistrale presentazione della professoressa Loredana Bellantonio, dell’Università di Palermo, sarà distribuito a partire da mercoledì 9 ottobre e tratterà i seguenti argomenti: Il carnevale, le tradizioni cavalleresche popolari, sonatori e balli, le voci dei venditori e delle campane, costumi ed utensili, i zolfatai, il mare, la barca, i pescatori. Seguiranno gli altri 3 volumi con cadenza quindicinale: il volume secondo uscirà a partire da Mercoledì 23 ottobre (Le nozze, la nascita, la morte, il comparatico, la mafia e l’omertà, i gesti, i soprannomi, le imprecazioni, i giuramenti, i saluti); il terzo volume il 6 novembre (Astronomia, meteorologia, agricoltura, botanica, zoologia); il quarto e ultimo volume mercoledì 20 novembre (Esseri soprannaturali e maravigliosi, persone e cose fauste ed infauste, i tesori incantati, usi e credenze dei fanciulli, credenze e superstizioni varie). Insomma un’opera unica nel suo genere che nessuna regione italiana ha mai avuto e che ci fa conoscere le vere radici dell’essere siciliano. Quattro libri che non possono mancare nelle librerie dei veri siciliani.
(2) Loredana Bellantonio 2024. Presentazione ad Usi e costumi credenze e pregiudizi. In Prefazione ad Usi e costumi, credenze e pregiudizi del popolo siciliano (pp. 3-8). Lecce: Edizioni Grifo 2024.
(3) Giuseppe Longo 2018, “Chi di Carnevale colpisce… di Carnevale perisce…”, Cefalunews, 28 gennaio.
(4) Giuseppe Longo 2022, Giuseppe Patiri: Esempio elevato d’amor patrio e “secura” signorilità termitana, Cefalunews, 13 dicembre.
(5) Giuseppe Longo 2017, “Proclama” del 1876 di Giuseppe Patiri per la Società del Carnovale, in Termini Imerese, Cefalunews, 7 ottobre.
Bibliografia e sitografia:
Giuseppe Longo 2012, Giuseppe Cocchiara un poliedrico etnologo siciliano, Giornale del Mediterraneo, 5 ottobre.
Giuseppe Longo 2016, Cento anni fa moriva il folclorista Salvatore Salomone Marino, Giornale del Mediterraneo, 17 marzo.
Giuseppe Longo, 2022, La “preistoria” del Carnevale Termitano e l’attività dell’Accademia Euracea agli inizi dell’Ottocento, Cefalunews, 29 giugno.
Giuseppe Longo 2023, Il nuovo imperativo del 2023: buttiamo un quarantennio di fake news sul Carnevale di Termini Imerese!, Cefalunews, 11 gennaio.
Giuseppe Longo 2023, Carnevale di Termini Imerese: la fiaba obsoleta dei Napoliti, con una nostra retrodatazione all’Epigravettiano superiore, Cefalunews, 25 gennaio.
Giuseppe Longo 2023, I proclami dei Carnevali di Firenze e Termini Imerese: Giuseppe Patiri e la Toscana, Cefalunews il 4 dicembre.
Giuseppe Longo 2024, La nascita del Blog sul Carnevale di Termini Imerese, MadonieLive, 14 settembre.
www.irsap-agrigentum.it/index2.html
https://carnevaledipalermo.blogspot.com
https://www.unipa.it/persone/docenti/b/loredana.bellantonio/en/?pagina=pubblicazioni
https://iris.unipa.it/handle/10447/584891
Foto di copertina: Giuseppe Pitrè (1841-1916), dal profilo Facebook “Gli amici di Giuseppe Pitrè”.
Foto a corredo dell’articolo:
Giuseppe Patiri (1846 – 1917).
Giuseppe Longo