Bologna – Un nuovo percorso espositivo per Santa Maria della Vita tra passato e presente. Un percorso museale che racconta la storia e l’arte di un complesso unico nel cuore di Bologna, pronto per il Giubileo del 2025.
«Santa Maria della Vita si rinnova e accresce la sua attrattività museale: da oggi i visitatori potranno immergersi in un unico racconto che parte dal Santuario e sale fino all’Oratorio intrecciando arte, storia e spiritualità, grazie alla collaborazione tra Fondazione Cassa di Risparmio in Bologna e Opera Laboratori, nell’ambito del progetto culturale Genus Bononiae.
Il nuovo allestimento museale propone un percorso che abbraccia tutte le anime del complesso, dal celebre “urlo di pietra”, l’opera in terracotta del Compianto sul Cristo morto di Niccolò dell’Arca custodito nella chiesa, all’imponente gruppo scultoreo del Transito della Vergine di Alfonso Lombardi conservato nell’oratorio.
Tra le novità principali, il riallestimento degli spazi espositivi dell’oratorio con una collezione permanente di opere provenienti dalle Collezioni d’Arte e di Storia della Fondazione Carisbo, valorizzando alcuni tra i più significativi dipinti della tradizione artistica bolognese solitamente non accessibili perché protetti nei caveau. La selezione copre un arco temporale che va dalla fine del Cinquecento agli inizi dell’Ottocento e include autentici capolavori come la Sibilla Samia di Guercino, Porzia che si ferisce alla gamba di Elisabetta Sirani e l’Autoritratto di Donato Creti, oltre a opere di grande rilievo di Denys Calvaert, Giuseppe Maria Crespi, i fratelli Gandolfi (Ubaldo e Gaetano), Pietro Fancelli e Pelagio Palagi. Inoltre, sarà possibile ammirare Lucrezia Romana di Guido Reni, che tornerà in esposizione dopo il prestito alla Pinacoteca Nazionale di Bologna per la mostra dedicata all’artista.
Un pezzo di particolare eccezionalità è il Gioiello del Re Sole, ora esposto stabilmente a Santa Maria della Vita e visibile al pubblico per tutto l’anno, in luogo della consueta esposizione limitata alla sola giornata del 10 settembre.
I visitatori, inoltre, potranno riscoprire il gruppo scultoreo in terracotta del Transito della Vergine di Alfonso Lombardi, risalente alla prima metà del XVI secolo e ammirabile negli spazi dell’oratorio. Qui lo spazio si presenta con un nuovo allestimento grafico, che si snoda come un nastro continuo luogo le pareti, permettendo di scoprire da vicino i volti dei singoli personaggi scolpiti da Lombardi in un gioco di sguardi di rara potenza emotiva. Alcune citazioni, tratte da fonti storiche, si alternano ai primi piani offrendo una panoramica del successo di cui da sempre ha goduto il complesso scultoreo.
Infine, è possibile vivere un’esperienza immersiva grazie a una nuova sala multimediale, progettata per raccontare la storia del complesso. Attraverso proiezioni, immagini e racconti coinvolgenti, i visitatori potranno scoprire la nascita e l’evoluzione di Santa Maria della Vita attraverso i secoli. Particolarmente suggestiva sarà la possibilità di ascoltare, attraverso un’esperienza narrativa emozionale, il pensiero artistico da cui nasce il Compianto sul Cristo morto narrato dalla voce di Niccolò dell’Arca, restituendo vita e parola al genio che ha dato forma a questo capolavoro.
Questa iniziativa segna un ulteriore passo nella collaborazione avviata la scorsa estate tra Fondazione Cassa di Risparmio in Bologna e Opera Laboratori. «Insieme ad Opera Laboratori, la Fondazione Carisbo sta realizzando un nuovo modello di gestione e valorizzazione del percorso museale Genus Bononiae – spiega la Presidente di Fondazione Carisbo, Patrizia Pasini – per offrire una chiave di lettura privilegiata del patrimonio culturale e territoriale e uno strumento capace di connettere tradizione e contemporaneità. Se la mostra di Weiwei ha messo in luce Palazzo Fava ospitando la prima personale a Bologna di un artista contemporaneo di fama internazionale, da sempre impegnato nella difesa dei diritti umani, il nuovo allestimento dell’Oratorio di Santa Maria della Vita rappresenta un ulteriore passaggio nello sviluppo della progettualità annunciata. L’esposizione permanente è stata ideata per coniugare diversi capolavori della tradizione artistica bolognese, tra la fine del Cinquecento e gli inizi dell’Ottocento, provenienti dalla Collezioni d’Arte e di Storia della Fondazione, con le restanti opere d’arte custodite nel complesso monumentale di Santa Maria della Vita, tra le quali il Compianto di Niccolò dell’Arca, inestimabile gruppo scultoreo del Rinascimento.»
Un impegno condiviso che, come sottolinea Beppe Costa, presidente e amministratore delegato di Opera Laboratori, si traduce anche nell’impiego di tecnologie innovative per rendere il complesso anche un luogo di esperienza e conoscenza: «Proseguiamo con la Fondazione Carisbo questo accordo pluriennale con grande soddisfazione, inaugurando una nuova tappa di questo cammino, che vede la restituzione della fruizione di capolavori custoditi nei caveau della Fondazione al pubblico. Artisti, scene e soggetti ritratti che, grazie all’allestimento e al laboratorio di arte digitale di Opera, prenderanno nuova forma negli spazi di Santa Maria della Vita. Casa dell’urlo di pietra al quale daremo nuova voce attraverso un attento e innovativo progetto multimediale».
Con la nascita di questo nuovo museo, Santa Maria della Vita, grazie alla collaborazione con l’arcidiocesi di Bologna, si pone come un punto di riferimento fondamentale per la riscoperta del patrimonio artistico e spirituale di Bologna, in un dialogo continuo tra passato e presente. Si tratta di un’apertura dal forte significato simbolico, poiché nel 2025 potrà accogliere pellegrini e visitatori da tutto il mondo, offrendo loro un percorso che intreccia arte, fede e storia, in perfetta sintonia con lo spirito del Giubileo.
Il progetto è stato possibile anche grazie al supporto di Azienda USL di Bologna, proprietaria del complesso monumentale, e alla preziosa collaborazione della Soprintendenza Archeologia Belle Arti e Paesaggio per la città metropolitana di Bologna e le province di Modena, Reggio Emilia e Ferrara, che ha garantito il rispetto e la valorizzazione di questo straordinario patrimonio storico e artistico».
Info:
I capolavori – schede
Guido Reni (Bologna 1575-1642)
Lucrezia preordina il suicidio (Lucrezia Romana), 1635-1640 circa, olio su tela, cm 98 x 73
La rappresentazione escogitata da Guido Reni non è quella, consueta, di Lucrezia che si dà la morte puntando il pugnale al petto dopo aver denunciato al padre, al marito Collatino e all’amico Lucio Giunio Bruto la violenza subita da Sesto Tarquinio, figlio di Tarquinio il Superbo ultimo re di Roma. Qui l’eroina romana preordina mestamente il suicidio come in un meditato rito sacrificale di purificazione e lentamente raggiunge con la destra il pugnale adagiato sul lenzuolo mentre con la sinistra scosta il drappo dalla spalla mostrandosi in una stoica nudità. L’opera risale agli ultimi anni dell’attività dell’artista.
Giovan Francesco Barbieri detto il Guercino (Cento 1591 – Bologna 1666)
Sibilla Samia, 1651, olio su tela, cm 115,5 x 97
Capolavoro degli anni della maturità dell’artista, il dipinto presenta brani di virtuosismo pittorico nell’intensità cromatica del mantello color lapislazzulo e nel disegno della morbida veste foderata di raso. L’occhio scivola sull’ombra delicata che il libro getta sulla pagina scritta. Si tratta della Sibilla Samia, profetessa dell’antichità, recuperata dall’iconografia cristiana, al pari di altre sibille in quanto le sue profezie vennero interpretate quali anticipazioni dell’arrivo del Messia.
Si apprende dal libro dei conti del Guercino che questo dipinto fu eseguito nel 1651 per conto del bolognese Ippolito Cattani, insieme al pendant, la Sibilla Libia che poco dopo la metà del Settecento fu acquistata da Giorgio III d’Inghilterra e tuttora appartiene alle collezioni reali inglesi.
Elisabetta Sirani (Bologna 1638-1665)
Porzia si ferisce alla gamba, 1664, olio su tela, cm 101 x 138
Figlia di Catone l’Uticense e moglie di Marco Giunio Bruto difensore delle libertà repubblicane, Porzia si colpì ripetutamente la gamba con uno stiletto dando prova di coraggio e di stoica determinazione al marito che le nascondeva la progettata congiura contro Cesare.
Il dipinto, firmato e datato 1664, fu eseguito dalla pittrice all’età di 26 anni, un anno prima della morte. È citato da Carlo Cesare Malvasia nella Felsina Pittrice (1678): “Una Porzia in atto di ferirsi una coscia… per il signor Simone Tassi”.
Reso noto nel 1975 nel catalogo della pionieristica mostra di Los Angeles sulle donne artiste, quando si trovava presso Wildenstein a New York, è stato oggetto di numerose disamine, tanto da diventare una delle opere più famose della pittrice.
Donato Creti (Cremona 1671 – Bologna 1749)
Autoritratto, 1688 circa, olio su tela, cm 60 x 47,5
L’età giovanile suggerisce una datazione verso il 1688, quando il ragazzo, ospite in Palazzo Fava, godeva della protezione del conte Alessandro e stringeva amicizia con il figlio di questi, Pietro Ercole, appassionato di pittura e suo futuro protettore. Già di proprietà della famiglia Marsigli, è da identificare con l’autoritratto registrato dallo stesso Creti nell’inventario della collezione di Palazzo Fava (1745).
Jean Petitot (Ginevra 1607 – Vevey 1691)
Il Gioiello del Re Sole, seconda metà XVII secolo, manifattura francese, Ritratto in miniatura del Re Luigi XIV, smalto, oro, argento e diamanti.
Il Gioiello del Re Sole è un piccolo ma preziosissimo monile formato da una placca metallica convessa di forma ovale su cui posa una raffigurazione in miniatura del re Luigi XIV dipinta su smalto. Il gioiello fu donato dal Re Sole al celebre storico ed erudito bolognese Carlo Cesare Malvasia in segno di gratitudine per avergli dedicato la sua opera Felsina Pittrice nel 1678.
Il Malvasia, a sua volta, attraverso il proprio testamento redatto il 22 dicembre 1692, rese erede de «la cosa più preziosa che io abbia in questo mondo» l’Arciconfraternita di Santa Maria della Vita, in memoria di una guarigione da lui ottenuta per intercessione della veneratissima Madonna della Vita.
Nel testamento Malvasia pose inoltre l’esplicito vincolo di esporre al pubblico il gioiello il 10 settembre di ogni anno. Proprio il 10 settembre ma del 1614 l’antica immagine della Madonna della Vita era infatti tornata alla luce, in occasione di una ripulitura della chiesa, dopo essere rimasta per qualche secolo nascosta sotto uno strato di imbiancatura a calce.
Si tratta di un oggetto raro e unico, sia per il valore ad esso intrinseco, sia per l’importante memoria storica che racchiude.
Giuseppe Longo