Firenze – La belva nella giungla, da Henry James. The Pale Blue Dot project Capitolo I, opera video di Federico Tiezzi.
«Il Museo Novecento presenta dal 17 maggio al 7 luglio l’opera video di Federico Tiezzi La belva nella giungla, tratta dall’omonima novella di Henry James pubblicata nel 1903, curata per l’occasione nella traduzione e nella drammaturgia da Sandro Lombardi. Con questo nuovo progetto il regista, drammaturgo e artista visivo Federico Tiezzi continua la sua decennale esplorazione del linguaggio e delle possibilità artistiche del video.
L’installazione video vede gli interpreti Anna Della Rosa e Graziano Piazza nei ruoli dei protagonisti della storia May e John. Si avvale dei costumi di Giovanna Buzzi, le luci di Gianni Pollini e interventi pittorici Jacopo Stoppa. La fotografia e il montaggio sono invece del registacinematografico Nicola Bellucci.
L’opera è una produzione Compagnia Lombardi-Tiezzi, Vulpis Productions. Il progetto è realizzato con il contributo di Fondazione CR Firenze e con il sostegno di Regione Toscana e MiC.
“Siamo onorati di accogliere un’opera video di Federico Tiezzi, tra i maggiori protagonisti della ricerca e sperimentazione teatrale in Italia dagli anni ‘80 in poi – ha detto Sergio Risaliti, direttore del Museo Novecento. – Un patrimonio prezioso di sensibilità e intelligenza visiva, di poesia e architettura scenica per Firenze, per l’Italia, celebrato in tutto il mondo. Con Federico Tiezzi la suddivisione di genere e di categorie tra arte e teatro, tra pittura e nuove tecnologie, suono e parola tende non tanto a cadere quando a dissolversi in una trama ricchissima e sofisticata di connessioni e sviluppi. Con La belva nella giungla -tratto dall’omonima novella di Henry James -, Federico Tiezzi ci propone di ribaltare la prospettiva con la quale guardiamo usualmente alla nostra presenza terrestre nell’universo. Infatti ci troviamo a dover invertire la logica con cui concepiamo lo svolgersi del destino. Se per gli antichi l’esistenza umana è interconnessa tra il luogo in cui abitiamo, città o pianeta, e il cosmo, in questo caso la relazione è inversa: invece che dal piccolo al grande, ci spostiamo dall’infinito verso il minimo degli eventi che condizionano, nel bene e nel male, la storia della nostra vita. Un incontro tra due persone è assai più intenso vissuto à rebours che nel momento in cui avviene è guardando a distanza che tutto ci appare più poetico e misterioso.”
Labelva nella giungla è il primo capitolo del progetto The pale blue dot, titolo di una celebre fotografia del pianeta Terra scattata nel 1990 dalla sonda Voyager 1 – a sei miliardi di chilometri di distanza, oltre l’orbita di Nettuno. Fu l’astronomo Carl Sagan che ebbe l’idea di far girare la telecamera verso la lontanissima Terra affermando poi: «Da questo distante punto di osservazione, la Terra può non sembrare di particolare interesse. Ma per noi, è diverso. Guardate ancora quel puntino. È qui. È casa. È noi. Su di esso, tutti coloro che amate, tutti coloro che conoscete, tutti coloro di cui avete mai sentito parlare, ogni essere umano che sia mai esistito, hanno vissuto la propria vita».
«Ho immaginato di narrare il racconto di Henry James – spiega Tiezzi – come una delle “tante storie umane” che si svolgono dentro quel pallido punto blu perso nello spazio: il bagliore di una struttura umana che prima s’intercetta e poi si polverizza, come un segnale che s’aggancia e si perde nello spazio».
Quella di Henry James è una storia dove quasi tutto ciò che può succedere, di fatto non succede: si narra l’incontro di John Marcher con May Bartram una donna conosciuta anni prima in una vacanza in Italia e poi dimenticata. In Italia Marcher le confida il presentimento che qualcosa d’imprevedibile è in agguato per lui, come una belva nella giungla. Un giorno quella belva irromperà nella sua vita. Fra i due nasce un’amicizia che gravita continuamente intorno all’ossessione dell’uomo, incapace di rispondere all’amore della donna, chiuso nel proprio egoismo. Passano le stagioni, gli anni. May muore, dopo avergli confessato che la catastrofe da lui attesa è avvenuta, ma lui non se ne è accorto. I due protagonisti fanno così i conti con la propria esistenza come due sperduti astronauti che esplorano la desolata superficie della luna alla ricerca della sotterranea, feroce disposizione degli eventi che da sempre chiamiamo destino.
Le opere video di Federico Tiezzi esplorano il modo in cui tecnologia, corpo attoriale, fotografia, luce, immagine cinetica e parola recitata convergono in una alleanza trans-specie. “In questa incrinatura disciplinare non è teatro, non è cinema, non è pittura: siamo nel luogo geometrico dell’incontro tra questi tre linguaggi”.
Negli anni ’80 del Novecento Federico Tiezzi si dedica alla riscrittura visiva di alcuni suoi importanti spettacoli come Crollo Nervoso per il Theater der Welt di Colonia del 1983. Del 1986 è la mostra, per Villa Medici e l’Accademia di Francia, dei Ritratti di fine Millennio in cui presenta ritratti video di amici pittori (Alighiero Boetti, Mario Schifano, Nicola de Maria, Gianni Dessì, Luigi Ontani, Bruno Ceccobelli). A questa si aggiungono successivamente le ricerche di riscrittura cinematografica di suoi spettacoli teatrali e lirici.
Torna alla videoarte nel 2021 realizzando Mater strangosciàs alla Pietà Rondanini dal testo di Giovanni Testori, per il Louvre e il Castello Sforzesco in occasione della mostra Il Corpo e l’anima, da Donatello a Michelangelo. Scultura italiana del Rinascimento.
E, infine, dopo la serie di ritratti di pittori “nati sotto Saturno” delle Vite di Giorgio Vasari (Pontormo, Rosso fiorentino, Buffalmacco, Paolo Uccello, Sodoma, Piero di Cosimo e Giorgio Vasari) esposti al Museo del Novecento e del Contemporaneo di Palazzo Fabroni a Pistoia nella mostra Revox (progetto vincitore del PAC2021- Piano per l’Arte Contemporanea del Ministero della Cultura), dedica questa sua ultima opera a un famoso racconto di Henry James, tradotto e drammatizzato da Sandro Lombardi.
Nella sala adiacente a quella dell’installazione sarà allestita una piccola esposizione di references da cui Tiezzi ha tratto ispirazione per la sua opera: un breve video che raccoglie le principali fonti videografiche di realizzato da Nicola Bellucci e le tavole originali degli interventi pittorici di Jacopo Stoppa.
TALK
Lunedì 3 giugno alle ore 18.00 verrà organizzato un talk in occasione della mostra di Federico Tiezzi La Belva nella giungla. Intervengono Sergio Risaliti, Federico Tiezzi, Sandro Lombardi e Mauro Pratesi».
Biografia
«Federico Tiezzi è regista, artista visivo, attore, drammaturgo, storico dell’arte. Studia con Roberto Salvini e Mina Gregori. È specialista di tardo gotico europeo. Come regista di teatro si afferma negli anni Settanta del Novecento tra gli esponenti di punta del Nuovo Teatro Italiano, iniziando a teorizzare e praticare una forma di teatro di poesia che coniuga drammaturgia in versi e scrittura scenica. Da molti anni il suo lavoro si divide tra prosa e lirica. Nel suo teatro porta il costante rapporto con la letteratura, le arti visive, la danza, la musica e il cinema. Dirige insieme a Sandro Lombardi la Compagnia Lombardi-Tiezzi.
Inizia il lavoro di videoartista negli anni ‘80 con lo spettacolo Crollo Nervoso. Successivamente dedica agli amici pittori e architetti (Mario Schifano, Alessandro Mendini, Nicola de Maria, Alighiero Boetti) una serie di video-ritratti per Villa Medici a Roma. Del 2020, Mater Strangosciàs alla Pietà Rondanini dal testo di Giovanni Testori. Ultimo progetto: la serie di ritratti dedicati ai pittori delle Vite di Giorgio Vasari, esposte al Museo di Palazzo Fabroni di Pistoia, per i quali ha collaborato con architetti e artisti come Giulio Paolini, Franco Raggi, Alfredo Pirri e Giovanni Frangi.
Tra gli ultimi lavori teatrali si ricordano: Simon Boccanegra di Verdi (Teatro alla Scala e Teatro Bolshoi), Freud o l’interpretazione dei sogni di Massini (Piccolo Teatro), Fedra di Racine (ERT-Teatro Nazionale)».
Museo Novecento, Piazza di Santa Maria Novella, 10 – Firenze
Info: www.museonovecento.it
Ph. La belva nella giungla di Federico Tiezzi lavorazione – Graziano Piazza (foto Gabriele Acerboni).
Giuseppe Longo