Termini Imerese (PA) – Nella Termini Imerese del XX sec. il rituale lavaggio della lana per il corredo nuziale, la cosiddetta lavata râ lana, fu in voga specialmente nelle famiglie che godevano di un certo benessere economico. Infatti, l’imbottitura dei materassi e dei relativi cuscini con la lana di pecora, materiale più pregiato rispetto ad altri elementi, come: paglia, fogliame o altro, ne determinava certamente lo status di agiatezza.
L’evento di per sé, costituì una genuina tradizione per la quale i genitori e i parenti della promessa sposa si recavano con i carretti nel luogo generalmente prescelto (1) per eseguire la pulizia di questa fibra tessile naturale.
In sostanza, quel giorno, lavare la lana per il corredo nuziale delle proprie figlie, era una gran bella festa. Tra risa, orchestrine e canti, le famiglie dei futuri sposi, per tutta l’intera giornata, desinavano e cenavano, en plein air, (2) accompagnando i pasti con gustose libagioni.
I termitani, con la denominazione di ponte della lavatarâ lana (situato nei pressi di contrada San Cosimo), intendevano sia l’attraversamento che scavalcava il torrente Tre Pietre, lungo la statale Settentrionale Sicula n. 113, nonché il vicino sottopasso ferroviario che consentiva l’accesso al litorale.
Tuttavia, una volta che il sito in oggetto, venne per così dire “modificato”, ovvero: le acque del torrente furono canalizzate in corrispondenza dei due sottopassi (stradale e ferroviario) fino allo sbocco in mare. Di conseguenza, l’abitudinaria sgrassatura della lana avveniva in altri luoghi, non molto distanti dal sito del torrente Tre Pietre. Da tali posti, il varco in riva si compieva, sempre attraverso altri sottopassaggi vicini.
La tradizionale operazione di nettezza della lana nelle acque salmastre, si mantenne rispettosamente, almeno sino agli anni Cinquanta del secolo scorso.
Alcune testimonianze orali, a tutt’oggi sprovviste di documenti iconografici, parlano della “visita” dei Nanni di Carnevale nelle località, dove si svolgeva questo lieto appuntamento, per intrattenere ulteriormente il consueto speciale ritrovo.
Tale costumanza, oramai perduta, ci fa riflettere sulla semplicità della vita quotidiana di allora, scandita dal ritmo delle stagioni, e le giornate di luce da quello dell’alba e del tramonto. Nulla di forzato e nulla di edulcorato. Persino con pochi espedienti si vivacizzavano anche le non “ordinarie riunioni di famiglia” intente nel lavoro.
Ciò nonostante, mi corre d’obbligo sottolineare e soffermarmi ancora una volta sul nostro Carnevale, per il quale ho già dedicato negli anni scorsi, circa una novantina di articoli (3).
Infatti, dopo gli anni sessanta del XX secolo, la nota manifestazione cittadina ha perso gradualmente la sua prerogativa spontaneità, obliandone volutamente la sua originaria autoctonia.
Infatti, gli organizzatori, uniformandosi al “mercato culturale”, a partire dalla seconda metà dagli anni Ottanta, per rilanciare la popolarissima kermesse, pur non disponendo di riscontri documentari probanti (4), fu definita (sino tutt’oggi), “Il Carnevale più antico di Sicilia”.
Questo atteggiamento provocatorio, un vero “modus operandi”, divenne uno stereotipo che con il passare del tempo irritò gli altri carnevali isolani, e allontanò l’estimatore pubblico locale, verso altri lidi carnascialeschi. Ad esempio, Sciacca e Acireale che per qualità ed elevato livello artistico certamente non sono da meno.
Stralci di testo nodali, che ho estrapolato da “CARNEVALI DI SICILIA FRA TRADIZIONE E INNOVAZIONE” di Ignazio E. Buttitta, si prestano bene a chiarire il caso nostro, ovverosia, ciò che ho sempre ribadito sull’origine del Carnevale di Termini Imerese (5). Tuttavia, anche questa volta, ritorno sull’argomento e tale fenomeno vizioso e stereotipato viene spiegato dalla “sommità della cattedra” da un esimio Professore Ordinario di Discipline Demoetnoantropologiche.
In realtà, il Buttitta aveva già espresso il concetto nel 2009 (6) soffermandosi intorno ad alcuni elementi folcloristici, infarciti di campanilismo e integrismo localistico.
Scrive il Professore Buttitta (7):
da Carnevali nuovi e inventati (4.5) in Il Carnevale e il Mediterraneo.
[…] Come è dato osservare dai testi precedenti, il discorso sulle origini «antiche» immancabilmente accompagna la promozione del proprio Carnevale accanto alla pur esplicita dichiarazione delle proprie originali capacità inventive e innovative. Ogni Carnevale diviene così antico, unico originale. Come ha rilevato Grimaldi (Ndr. Cfr.Rivoltare il tempo. Percorsi di etno-atropologia, a cura di P. Grimaldi, Guerini e associati, Milano 1997, p. 11).
Si recuperano i Carnevali che conservano ampie tracce di quegli elementi folcloristici del passato, si opera una medievalizzazione del tempo della trasgressione d’inizio d’anno, inventando e rielaborando tratti di tante presunte storie locali su cui costruire nuovi miti di fondazione, specifiche identità, si inventano nuove forme espressive, quasi che l’antica religio carnevalesca possa offrire una risposta al superamento della crisi connessa al millennio […]
E ancora:
da Beni immateriali e mercato culturale (4.6)
Il caso dei Carnevali è esemplare di un processo diffuso e pervasivo. Da alcuni anni e oggi sempre più ampiamente – dopo averle rinnegate come retaggio di tempi oscuri, come aspetti residuali di un passato fatto di privazioni e fatica. Di soprusi e attese disilluse – si fa un gran parlare di tradizioni popolari e insieme di identità e di memoria. Dietro l’apparente interesse per la salvaguardia e la valorizzazione del patrimonio culturale tradizionale, materiale e immateriale, si celano, tuttavia, interessi configgenti e contraddittori.
Valorizzare le tradizioni significa per alcuni, per i più, coglierne ed esaltarne solo quegli aspetti che paiono utili alla promozione di una mediocre politica turistico-consumistica. Una politica il cui fine ultimo è la creazione di «riserve indiane», dove attori prezzolati dovrebbero trovarsi a recitare la parte dei commossi fedeli, degli operosi artigiani, dei pii e laboriosi contadini, pescatori, pastori e quant’altro, a profitto del turista di passaggio felice di «stupirsi» di usi e costumi «antichi» e «selvaggi».
Esecutori non sempre consapevoli di tale «condanna alla stereotipo» sono le Pro Loco, enti locali, istituzioni pubbliche e associazioni private. A soffrire maggiormente di questi interventi sono le feste «di tradizione». Esse, al contrario di altre espressioni della cultura popolare inesorabilmente scomparse, restano d’altronde ancora vive e presenti […].
In effetti il Buttitta, ha chiaramente messo a fuoco il problema dello stereotipo-campanilistico impregnato nelle manifestazioni carnascialesche.
Pertanto, è chiaro e palese che anche il Carnevale di Termini Imerese, tramite i suoi promotori, adottarono lo stesso cliché.
Infatti, fu stilata in passato una agenda di massima, ovvero, un programma da realizzarsi per gradi o, come dicono gli anglosassoni step–by-step, che ebbe inizio con un grande exploit verso la fine degli anni 90’ (8). Nello stesso torno di tempo, si ebbe la nascita, di una maschera, parodia di un pubblico ufficiale, delegato alla lettura del testamento del Nannu (di pitreana memoria), impersonato con molta passione, perseveranza, e vis comica. Questa personificazione continua ancora oggi a fare da tramite e a veicolare, assieme ad alcune combriccole di aficionados e storici carnascialeschi auto-referenziati, mirabolanti e gustose leggende metropolitane (9), (10), (11).
Note:
(1) Giuseppe Longo 2020, I Nanni del Carnevale di Termini Imerese a diporto alla “lavata râ lana”, 29 aprile 2020.
(2) «a lavata a lana”» tratta da Termini e i Castelli.
«Il torrente che scorreva scoperto sulla via per Messina alla altezza di san Cosimo passava sotto il ponte sulla 113 e sfociava a mare.
Ponte e torrente erano e sono chiamati «da lavata a lana».
Alle epoche passate le ossa dei mortali riposavano nella migliore delle soluzioni su materassi di lana e nelle peggiori sugli stessi riempiti di foglie di granturco. Così il primo ingrediente della zuppa matrimoniale erano i materassi 2 + 2 per letto grande.
I genitori della sposa compravano la lana e alla vigilia delle nozze si procedeva alla lavatura. Di solito al ponte della lana perché questa veniva lavata con acqua salata presa al vicino mare.
Il corteo dei carri partiva dalla casa della sposa; preceduto da quello che portava la lana, seguito da quelli con gli ascendenti, collaterali e affini ed invitati degli sposi. Muli e cavalli erano bardati a dovere; il corteo era intercalato da uno o più carri che ospitavano l’orchestrina, in coda la sussistenza con vettovaglie e beveraggi.
La cerimonia durava lo intero giorno. Le mangiate innumerevoli le bevute meglio o peggio ancora.
A sera il corteo riprendeva il ritorno. Anche i muli scodinzolavano allegri. La guida dei conducenti era alquanto tortuosa, quando si mettevano all’impiedi peggiorvava. I suonatori imitavano i conducenti dando fiato ai loro strumenti. Tutto andava liscio fino a quando andava; a volte per questioni di dote o risentimenti sopiti ne venivano fuori la zuffa e la rissa con risentimento degli alberi genealogici delle famiglie che venivano risciacquati unitamente alla lana».
(3) https://carnevaledipalermo.blogspot.com
(4) Giuseppe Longo 2022, Quando finirà la telenovela dei Napoliti presunti padri fondatori del Carnevale Termitano ?, Cefalunews, 24 febbraio.
(5) Giuseppe Longo 2019, Riflessioni sulla festa carnascialesca di Termini Imerese l’erede indiscussa dell’antico Carnevale di Palermo, 4 febbraio.
(6) Il Carnevale e il Mediterraneo – Atti del Convegno internazionale di studio – Putignano 19-21 febbraio 2009, a cura di Pietro Sisto e Piero Totaro. Regione Puglia – Assessorato al Mediterraneo Comune di Putignano – Assessorato alla Cultura, Progedit, 2010.
(7) Ignazio Buttitta (Palermo, 23/06/1965), è Professore Ordinario di Discipline Demoetnoantropologiche (ssd m-dea/01) presso l’Università degli Studi di Palermo dove insegna Storia delle tradizioni popolari, Etnologia europea, Etnologia, Patrimonio immateriale, Antropologia del Sacro. È ricercatore associato dell’ISPC/CNR, Presidente della Fondazione Buttitta, delegato del Rettore per le attività culturali.
(8) Giuseppe Longo 2023, Il nuovo imperativo del 2023: buttiamo un quarantennio di fake news sul Carnevale di Termini Imerese! Cefalunews, 11 gennaio.
(9) Giuseppe Longo 2018, Il quartiere fuori Porta Palermo e l’infondata “leggenda” dell’origine del Carnevale di Termini Imerese, Cefalunews, 24 agosto.
(10) Giuseppe Longo 2018, Il binomio Palermo-Termini, tra porte civiche, manifestazioni carnascialesche e “gustose” leggende metropolitane, Cefalunews, 22 dicembre.
(11) Giuseppe Longo 2023, I proclami dei Carnevali di Firenze e Termini Imerese: Giuseppe Patiri e la Toscana, Cefalunews, 4 dicembre.
Bibliografia e sitografia:
Nicolò Marsala, Termini e i Castelli, 1982.
Giuseppe Navarra, Termini com’era GASM, 352 pp. 2000.
Giuseppe Longo 2019 La rivincita della “vera” storia del Carnevale Termitano, Cefalunews, 19 gennaio.
Giuseppe Longo 2020, I nanni di Carnevale trapiantati da Palermo a Termini Imerese, Cefalunews, 11 marzo.
Giuseppe Longo 2021, Appello per rilanciare la figura di Giuseppe Patiri, referente di Giuseppe Pitrè a Termini Imerese ed epigono del carnevale cittadino, Cefalunews, 25 febbraio.
Giuseppe Longo 2022, Giuseppe Patiri: Esempio elevato d’amor patrio e “secura” signorilità termitana, Cefalunews, 13 dicembre.
Giuseppe Longo 2023, Carnevale di Termini Imerese: la fiaba obsoleta dei Napoliti, con una nostra retrodatazione all’Epigravettiano superiore, Cefalunews, 25 gennaio.
https://unipa.academia.edu/IgnazioButtitta
Foto di copertina: I nanni di Termini Imerese. Anni Cinquanta del secolo scorso.
Foto a corredo dell’articolo:
Torrente Tre Pietre all’imbocco della canalizzazione, ridotto a canneto (situazione odierna). Ph. Antonio Annibale.
Torrente Tre Pietre con ‘a lavata râ lana ed i tre scogli da cui prendeva nome il vallone. 1930. Per gentile concessione di Bartolo Bova Conti.
Giuseppe Longo